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COME VENDERE AI VISITATORI DI EXPONon gridare ai giapponesi offri caffè agli arabi COME VENDERE AI VISITATORI DI EXPO:"Non gridare ai giapponesi, offri caffè agli arabi"
Ogni cliente va accontentato, ma diversi sono gli approcci a seconda del paese di provenienza
Non tutti i clienti sono uguali. Gestire la vendita ad un cinese è molto diverso che proporla ad un russo e un cliente statunitense è tutt’altra cosa di un cliente italiano: per destreggiarsi un un mercato commerciale molto più globale e in vista della (sperata) scorpacciata di stranieri ad Expo, l’associazione commercianti varesine si è dotata addirittura di un gruppo di psicologi specializzati, che ha scolto una serie di corsi specializzati. Il primo dei quali, manco a dirlo, è stato “vendere a persone di diversi paesi”.

«Russi, giapponesi, americani, cinesi e arabi. I clienti di questi paesi sono più del 70% degli arrivi turistici previsti. Per questo è necessario essere preparati al loro arrivo, che in realtà è un trend già in atto da diversi anni - spiega Lorenzo Dornetti, responsabile dei progetti di Agf group, un gruppo di psicologi del lavoro che si occupa di formazione nel fashion retail - Non si tratta tanto di approfondire gli stereotipi culturali, quanto scoprire quali siano i comportamenti piu efficaci. Ci sono dei veri e propri protocolli comportamentali»

A volte si tratta di piccole cose: le culture asiatiche, ad esempio, apprezzano moltissimo quando si consegna la carta di credito o il prodotto con la mano rivolta verso l’alto. «Noi occidentali non ci pensiamo: e invece per loro è segno di rispetto». I cinesi invece, quando acquistano, apprezzano che il prodotto loro consegnato «sia ancora imbustato, non vogliono quello che è stato mostrato in visione». 

I clienti degli emirati arabi, invece, non amano molto essere approcciati direttamente: «E’ più gradito che prima gli si offra del te o del caffè, mentre stanno guardando la merce in negozio: preferiscono “prenderla larga”. Se in negozio c’è una caffettiera o una macchina del caffè, viene utile non solo per le chiacchiere con i clienti abituali, ma anche per loro». Con i clienti degli emirati bisogna, però, stare ancora più attenti a chi entra in negozio: «Non entrano nel locale, o addirittura ne escono, se ci sono dei cani».

Difficilissimo invece, riuscire a capire le intenzione di acquisto degli orientali: «Alcune culture asiatiche tendono a non dire mai di no, non riescono proprio a dire che non piace loro una cosa: per capirlo bisogna lavorare a livello non verbale». I russi invece «Spessissimo vengono in gruppo tra amiche, o marito e moglie: e il parere sugli acquisti va chiesto prima agli accompagnatori che ai diretti interessati». 
Con gli arabi, invece, è vietato negare uno sconto: «Se glielo si nega, non c’è storia: semplicemente se ne vanno». 
I giapponesi, infine, temono chi alza la voce «Se anche viene fatto per chiamare un collega, si spaventano e scappano via». Queste sono le principali differenze di acquisto tra clienti che arrivano da culture molto diverse dalle nostre: ma anche per gli americani per esempio, è utile qualche accortezza: «Amano la vendita informale, una specie di self service simpatico, dove non li si stressa ma si sta solo a disposizione». 

Ma quanto importa "comportarsi bene" con i clienti di altre nazioni? «Se non si pongono accortezze personalizzate, si corre concretamente il rischio di perdere la vendita o di vendere molto meno rispetto a quello che sarebbe possibile - spiega Dornetti - Si può quantificare in percentuali negative che vanno da 15 a 40%. Non sentirsi importanti, non sentirsi capiti li smonta: mentre bisogna tenere conto che chi si muove, viaggia, ha possibilità di spendere: non si tratta necessariamente super ricchi, ma almeno di una classe media che è disposta a spendere e comprare in italia per loro è importante, non solo per se stessi ma anche come dono da riportare a casa». 

Il lavoro della milanese Agf Group è stato messo in pratica a Varese in una serie di corsi organizzati da Ascom Varese con il contributo degli enti bilaterali.